Sei tanto carina di viso se solo fossi più magra… questa frase è piombata come uno schiaffo sono tantissime volte, nei colloqui con le persone che si affidano a me e nella mia vita. Mi ricordo di mia madre che mi portava a provare i vestiti da bambina, avrò avuto 10-11 anni, io uscivo dal camerino e mi guardava con sguardo amorevole insieme alla commessa e poi apriva bocca e diceva: “sei tanto carina se solo fossi più magra…”, quella frase girava li sospesa sulla mia testa come un avvoltoio volteggia su una carcassa e poi mi si appiccicava addosso come la gomma da masticare e non se ne andava più via, il suo era un commento carico di affetto, atto a spronarmi verso il miglioramento ma nelle mie orecchie suonava come un non vai bene così, non sei abbastanza.
Alle scuole elementari ricordo con orrore il giorno del libretto rosso, venivano certi signori dell’ASL e ti pesavano e poi ti cercavano i pidocchi, io odiavo quel giorno perché mi spettinavano e perché scrivevano sul famigerato libretto rosso che ero in sovrappeso, sempre in sovrappeso, da li io a merenda non potei mangiare più pane e cioccolato o pane e marmellata ma i cracker o la mela perché ero diversa dalle altre, da li ho iniziato a confrontarmi con le pance e le cosce delle altre bambine e a notare che eri presentata al mondo dal numero della che segnava la bilancia o alla taglia dei vestiti che indossavo.
Alla fine ho iniziato a crederci, a credere di non andare bene, di non essere abbastanza e di valere di meno per questo, ho iniziato a misurare il mio valore sul peso che segnava la bilancia e sulla taglia dei vestiti che indossavo o compravo. Mi sentivo manchevole di qualcosa, meno rispetto alle amiche e l’unico mezzo che avevo trovato per riequilibrare la bilancia era studiare, studiare tanto e dimostrare che almeno, se non bella e magra potevo essere intelligente.
Mi misi in testa che le persone mi conoscessero dal mio corpo, dalla taglia scritta sui jeans e che si potessero interessare a me solo se fosse stata una S o un taglia 40/42; se qualcuno mi guardava pensavo che mi stesse giudicando in base alla larghezza delle mie natiche o del mio punto vita, e anche da ragazza è arrivata quella frase: “sei tanto carina di viso, se solo fossi più magra”.
Quelle parole che mi hanno legata indissolubilmente ad un numero io ero solo una bambinetta con gli occhiali e le trecce, poi sono diventata un numero e più ero un numero più mangiavo per consolarmi, chiusa in una cerchio, come quello del girotondo ma più invischiante, più triste.
Ero sempre in lotta con il cibo, mangiavo poi restringevo poi rimangiavo, tanto non andavo mai bene, tanto non sarei mai stata come le altre, allora tanto vale indugiare nella dolcezza dello zucchero che ti si appiccica alle dita, al cioccolato che ti avvolge e ti disegna baffi golosi e profumati agli angoli della bocca, tanto vale allora sparire dentro le pieghe di una sfogliata di mele, tanto per gli altri sei solo un numero e nulla più, tanto dalla tua taglia hanno già capito tutto di te e non gli interessa conoscerti, tanto ti feriranno e ti abbandoneranno perché in realtà non sono interessati davvero a te
Con il tempo, con tanto tempo, ho capito che valevo al di la della mia taglia, al di la del mio peso e questo per me è stata una rivelazione e una liberazione, potevo essere quello che volevo senza dover essere per forza identificata da un numero. Finalmente potevo permettermi la libertà di essere me stessa, ho smesso di combattere con un corpo che non rientrava mai in un numero ma ho iniziato a prendermi cura di quel corpo e ad ascoltarlo, con mia sorpresa lui ha risposto e mi ha fatto capire quando aveva fame e quando invece era solo stanco e il cibo non gli serviva.
Le parole hanno un peso, impariamo ad usarle bene, le persone sono persone e non si misurano con le bilance o con le taglie e neppure con i centimetri si impara a conoscerle con il cuore.